KEEP BLOOMING

di Emanuela Giacca

«Quella che sto per narrarvi è davvero una strana storia, forse un lontano ricordo»

(Fëdor Dostoevskij, Il contadino Marej)

Milano è fuori dalla finestra, appena fuori dalla mia porta. Mi basta aprirla per vedere le pareti del condominio di fronte, imitano il giallo del sole che non riesce a filtrare nel ristretto spazio fra i due palazzi di ringhiera. È una piccola porzione di cielo quella che posso vedere da qui, è piccola ma mi basta, perché Milano è là fuori. Mi arrivano le sue voci e quel respiro, curioso e puerile, che si alza dai ciottoli delle strade, sospinge la gente a passeggio, fa tintinnare tazze e cucchiaini, idee e aperitivi. Milano corre e la sua corsa si trasforma in ispirazione. Fa venire voglia di uscire e parlare, di guardarla negli occhi, calpestarne le viscere. Fa venire voglia di fare di più, fare qualcosa di grande. 

Milano non si ferma. Si sveglia la mattina per andare a lavoro e va a divertirsi la sera. Milano lavora e con la stessa serietà con cui lavora si distrae, produce bellezza effimera con lo stesso senso del dovere. Milano nel weekend si ubriaca di vita e rilascia adrenalina. La dissemina per le strade, nei cortili nascosti, nelle fiere e nei mercatini dell’antiquariato, nella musica che arriva da un conservatorio, nella falcata incessante della moda, che sfila sempre uguale e diversa, per farci vedere cosa siamo, cosa siamo diventati.

Quando parlano di Milano i suoi abitanti usano la parola amore, un amore che ci volta le spalle e tace, quando vuole farci capire che abbiamo sbagliato. Sono andata via, sono sempre tornata. È l’unica fetta di mondo che sia riuscita a farmi bastare, Milano. Mi aspettava dopo anni, con la pianta di aloe viva sul balcone, l’edera cresciuta con l’acqua di scolo dell’appartamento di sopra. Ha qualcosa di dolce e innocente nell’aspetto, Milano, una freschezza rinnovata, è un cortile di piante verdi e ringhiere carta da zucchero nel frastuono dei Navigli. Un’impossibilità di stancarsi, una capacità di aspettare.

Milano non si ferma mai. Alle quattro del pomeriggio i cuochi dell’aperitivo arrivano in
cortile e accendono le luci. Si sente lo sferragliare, battono la carne, tagliano
le verdure. Percepisco il colpo del coltello sui taglieri, veloce, ritmato, li sento
scherzare, accendere la cappa della cucina. Va avanti per ore, fino a notte
fonda col suo rumore, un frastuono così assordante che se cominci a farci caso
non riesci più a dormire. Ogni sera sui Navigli qualcuno fa il compleanno, è a mezzanotte che s’inizia a cantare, ma il rumore di Milano non mi dà fastidio, non mi dà fastidio quel frastuono.

Milano è questo per me, per noi che ci abitiamo. Un mercato di fiori, una fiera che non teme
il buio. Io non me ne vado da Milano. Finirà questo silenzio e si riapriranno le
porte e le finestre. Spariranno guanti e mascherine, la distanza di cortesia e
questa paura che non riusciamo a dire. Perché Milano non si ferma, non si è mai
fermata. È ancora là fuori e tornerà a fiorire, con quella frenesia e quella smania
di fare sempre, fare di più. Quel frastuono che ci manca, perché è il frastuono
che fanno le possibilità quando sono tante.

 

1
Using Format